Top 5: i più diffusi luoghi comuni circa la figura dello psicologo

29.07.2023

In questa sezione ho raccolto una parte, il più possibile esaustiva, dei i miti su psicologi e sulla psicologia, quei luoghi comuni, culturalmente appresi e anche molto radicati nel pensiero collettivo, che spesso tengono lontane le persone dal rapportarsi con un percorso psicologico e dai benefici che se ne potrebbe trarne.

Dalla disinformazione e dai pregiudizi sulla figura professionale dello psicologo viene fuori un mix di luoghi comuni per cui, alla fine, vengono associate creativamente abilità proprie di altre professioni quasi a sembrare un pò un cartomante, un guru che ci dice cosa fare della nostra vita, dell'interprete dei nostri sogni che si avvale della tombola napoletana. Il risultato di tutto ciò è che la gran parte delle persone porta avanti la propria vita al pari di un castello in cui i mattoni corrispondono a problemi incastrati e assemblati tra di loro alla bell'è meglio pur di non interpellare una figura ad hoc che utilizza le proprie competenze per.promuovere il benessere della persona e delle sue relazioni.

Qui di seguito ho raccolto alcuni

1) "Lo psicologo cura i matti"

Questo è forse il più diffuso dei falsi miti. A volte capita che qualcuno si vergogni a dire ai propri familiari o amici che sta seguendo un percorso presso uno psicologo per paura di essere etichettato come "matto" o anche semplicemente come qualcuno che ha "problemi".

Credo che il pensiero circa il fatto che chi segue un percorso psicologico sia "matto" si basi innanzitutto sulla disinformazione che riguarda le differenze tra le varie figure che ruotano attorno alla salute psicologica quali psichiatra, psicoterapeuta e psicologo. Esse sono tre figure che con si differenziano tra loro non sono per il percorso formativo ma per le modalità con le quali attuano il proprio intervento e, a volte, per l'entità della situazione affrontata.

La credenza invece che ci porta e pensare che chi intraprende un percorso psicologico abbia del problemi mentali, muove la fondamentale riflessione su un presupposto che sarebbe importante analizzare: la vita di tutti noi nella maggior parte dei casi è costellata di insicurezze, incertezze, disagio, malessere etc, semplicemente in misura diversa e con effetti sulla funzionamento di vita differenti. Grazie a tale discriminazione, in modo estremamente esemplificativo e in parte riduttivo, è possibile situare ogni individuo in un punto della linea che congiunge normalità e patologia. Non vi è dunque un punto preciso che divide questi due concetti anch'essi molto ampi, per cui la persona non può essere definita né nell'uno né nell'altro modo, piuttosto può essere valutato quanto le sue difficoltà influiscano sulla sua vita. Conflitti di coppia, difficoltà relazionali, difficoltà nel comprendere e avere consapevolezza di sé e di ciò che si prova sono tematiche ricorrenti nella vita di ognuno di noi. Solitamente scegliamo di intraprendere un percorso psicologico per arricchirci o perché tali difficoltà sono arrivate ad ostacolare la vita in modo consistente e danneggiante.


2) "Lo psicologo legge nella mia mente, può manipolarmi e dirmi come cambiare"

Lo ammettiamo, quando siamo alla cassa del supermercato sappiamo già il conto della spesa prima ancora che il commesso ce lo comunichi.

Magari! Sarebbe interessante avere questo potere come è interessante confrontare il pensiero che lo psicologo possa avere la fantastica capacità di leggere nella mente e quello che comunque non possa fornirci un aiuto. Chi si occupa di psicologia è semplicemente abituato a prestare attenzione ad una grande serie di informazioni che, unite alle altre competenze che ha appreso nel tempo, lo facilitano nell'ottenere una comprensione maggiore degli altri. Ciò non significa che il suo sport preferito sia fare diagnosi alla tavolata di Natale, sarebbe un pò come se un muratore non vedesse l'ora di tornare a casa per imbiancare le pareti delle proprie stanze con un pennellino da trucco dopo una giornata di lavoro.

3) "Non ho bisogno di uno psicologo, ce la faccio da solo"

Questa affermazione presuppone un concetto importante: che ci sia un "bisogno" legato ad un concetto di "debolezza". Quindi consultarci con uno psicologo significa essere deboli? Per quale motivo non abbiamo la sensazione di essere dei deboli se consultiamo un fisioterapista od un medico o anche solo un personal shopper? La risposta risiede nel fatto che consultare uno psicologo significa probabilmente mettere in discussione ciò che siamo e le nostre scelte, e prendersi la responsabilità di esporci al giudizio più grande, quello che diamo a noi stessi. Lo psicologo non impone le proprie credenze od i propri principi, ha il compito di rimanere neutrale e porsi come strumento ad un cambiamento che solo noi possiamo porre in essere, nei tempi e nelle modalità e ciò forse, a maggior ragione, presuppone il fatto che di questo cambiamento saremo membri attivi, protagonisti, primi interpreti verso qualcosa di nuovo che non conosciamo e che per questo ci mette ancor più paura.

Il vero coraggio lo ha chi prende sulle proprie spalle la fatica, più grande di molte altre, di mettersi faccia a faccia con se stesso, i propri limiti e le proprie insicurezze assumendosi i rischi della responsabilità più grande che ha verso sé stesso: quella di affrontare un cambiamento attraversando l'incertezza di qualcosa di nuovo, un viaggio di cui non conosce ancora le coordinate.

4) "Perché pagare uno psicologo quando posso parlare con un amico?"

Questo è un quesito interessante in quanto mette in gioco una componente importante dello stereotipo circa lo psicologo. Mettere a confronto il sostegno di un amico con quello di un professionista è qualcosa che può far sorridere. Spesso si sente dire la frase "Anche io sono un pò psicologo" sostenendo ciò con varie motivazioni relative alla frequenza con quanto la persona si trova a sentire problematiche di vita degli altri o quanto a dare consigli di buon senso.

Avere attorno amicizie o familiari di cui fidarsi e con cui poter condividere confidenze o momenti di difficoltà è estremamente importante per la vita di chiunque di noi. Aprirsi con un amico infatti può aiutarci a chiarire dubbi, placare malesseri e farci sentire meglio. Tuttavia lo psicologo non è un amico. È un professionista che mette in campo le sue conoscenze tecniche e la sua formazione per aiutare le persone ad affrontare momenti di vita particolarmente difficili con modalità che spesso non sono visibili espressamente agli occhi di chi riceve il suo sostegno. Uno psicologo non dà consigli come farebbe un amico, non dà un modello morale o ideologico a cui fare riferimento durante il suo lavoro. Rispetta il punto di vista dell'altro, i suoi vissuti, ideologie e credenze, mette a disposizione le sue conoscenze per costruire insieme un percorso che porti al benessere personale, familiare e sociale.


5) "Andare dallo psicologo costa un sacco di soldi"

Innanzitutto la domanda che dobbiamo porci è: "Rispetto a cosa stiamo valutando questa prestazione come "costosa"?"Il costo che un colloquio psicologico può avere è piuttosto variabile.Il D.L. 4/7/2006 n. 233 c.d. (Decreto Bersani) ha abolito la tariffa minima per le prestazioni psicologiche.Gli ordini regionali degli psicologi forniscono comunque delle indicazioni orientative sui costi delle prestazioni psicologiche. Alla voce "seduta di consulenza e/o sostegno psicologico individuale" corrisponde una tariffa minima di 35 euro e massima di 115.Dunque, Il costo di 3 o 4 sedute al mese non è certamente una spesa da sottovalutare, questo è evidente.Se qualcuno però ci chiedesse di quantificare realmente quanto investiamo nei nostri comportamenti più amati saremo sorpresi di vedere quanta creatività riusciremmo a tirare fuori per addurre delle scuse sempre nuove al perché, però, il costo di una seduta sarà sempre troppo grande. Sono rimasta spesso affascinata dalla situazione di persone, che anche portavano con sé richieste di aiuto importanti, che, nonostante ciò, esprimevano la difficoltà economica a portare avanti il percorso anche se continuavano a dare priorità a routine che sarebbe stato possibile ritenere, forse non tanto superflue, quanto magari secondarie rispetto alle ben più prioritarie necessità di mettere ordine nella propria vita. Altrettante volte ho invece incontrato persone disposte a fare enormi sacrifici pur di proteggere quello spazio nel quale stavano trovando grande conforto e benefici.Quale valore economico, allora, possiamo dare alla soluzione di un problema che ci fa soffrire, all'acquisizione delle capacità di godere pienamente della nostra vita, alla capacità di prendere una decisione che rimandiamo da molto tempo etc.?Quale valore monetario ha stare bene con se stessi? Mi viene in mente la reclame di un noto spot pubblicitario...Stare bene con se stessi, è evidente, non ha prezzo.Qualcuno potrebbe giustamente obiettare che le cure psicologiche non hanno né una durata e neppure un esito prestabiliti. Questo è vero. Altrettanto vero è che, però, alcuni approcci psicologici e psicoterapeutici (come quello cognitivo-comportamentale) prevedono che professionista e paziente stipulino all'inizio del trattamento un "accordo" nel quale vengono chiaramente definitivi obiettivi a lungo termine, obiettivi a breve termine e durata indicativa del trattamento. Obiettivi e durata del trattamento dipendono da molte variabili e, com'è ovvio, possono modificarsi nel corso del tempo ma il fatto di esplicitarli durante i primi incontri dà al paziente una prima importante indicazione di quale "onere" egli sarà tenuto a sostenere impegnandosi in un percorso psicologico.Se pensiamo a quale fetta dei nostri introiti mensili destiniamo all'acquisto di oggetti e/o servizi che hanno un impatto irrisorio sul nostro benessere forse ci apparirà chiaro che il costo di un percorso psicologico non è poi così insostenibile.

Priorità è la parola chiave di questo discorso, a noi le riflessioni.

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